Peppino di Capri, nome d’arte di Giuseppe Faiella (Capri, 27 luglio 1939), è un cantante e attore italiano.
Ha partecipato a quindici Festival di Sanremo vincendo quello del 1973 con il brano Un grande amore e niente più e nel 1976 con il brano Non lo faccio più. I suoi più grandi successi sono Champagne e Roberta
Gli esordi (1953-1957)
Originario di una famiglia di musicisti (il nonno fu musicista nella banda di Capri ed il padre Bernardo, che aveva un negozio di dischi e di strumenti musicali, nel tempo libero suonava il sax, il clarinetto, il violoncello e il contrabbasso in un’orchestra), si esibisce per la prima volta all’età di quattro anni nel 1943 suonando il pianoforte davanti alle truppe americane di stanza sull’isola natale durante la guerra.[1]
A sei anni inizia a studiare pianoforte con una severa insegnante tedesca a Napoli, ma nel 1953 inizia anche ad esibirsi con l’amico Ettore Falconieri che suona la batteria, nei night-club di Capri (il Number Two) e della vicina Ischia (Il rancio fellone) con la denominazione Duo Caprese. L’insegnante, venuta a sapere la cosa, decide di cacciare Peppino che inizia così a dedicarsi esclusivamente alla nascente musica rock d’importazione americana.[2]
Il 26 agosto 1956 Peppino ed Ettore riescono anche ad esibirsi in televisione, nella trasmissione televisiva Primo applauso, interpretando due brani: Cry e Tu vuo’ fa’ l’americano condotta da Enzo Tortora e finiscono primi, ma per il momento senza ottenere contratti discografici.
Sempre con Falconieri, detto Bebè, alla batteria, ed altri amici (Pino Amenta al basso, Mario Cenci alla chitarra e Gabriele Varano al sax), forma nel 1957 un complesso i Capri boys vagamente ispirati ai tipici gruppi musicali jazz/swing statunitensi di quegli ultimi anni, e iniziano ad avere buon successo nei vari locali delle due isole del golfo di Napoli, a volte rielaborando successi d’epoca napoletani o americani o a volte componendo da soli nuovi brani.
In particolare il chitarrista perugino Mario Cenci si rivelerà molto prolifico e creativo nella composizione. In quello stesso anno Peppino e Mario si iscrivono alla SIAE. Da notare che il cantante firmerà tutte le sue canzoni fino al 1989 con il suo nome di battesimo, in quanto iscritto alla società degli autori con quest’ultimo e non con il suo futuro pseudonimo. In quello stesso anno, Cenci scrive versi e musica di Let me cry e, con Peppino, rielaborano pezzi come Last train to San Fernando, Resta cu’mme e Strada ‘nfosa (tuttavia Peppino non inciderà mai queste ultime due).
La svolta; l’esordio discografico e i primi successi (1958-1959)
In una serata ad Ischia, nell’agosto 1958, il gruppo viene notato da un dirigente della casa discografica milanese Carisch, lì in vacanza, che gli propone un contratto discografico. Il 26 settembre i cinque musicisti partono per Milano con una Fiat 1100 per incidere dieci brani proposti dalla casa discografica, quasi tutti erano brani già eseguiti dal gruppo nelle loro serate nei locali e quindi di sicuro successo.Mario Cenci propone, poi, il cambio di nome al gruppo dicendo a Peppino: “Siccome ti chiami Peppino e vieni da Capri ti chiamerai Peppino di Capri”. Il nome completo della band sarà, quindi, Peppino di Capri e i suoi Rockers.
Di certo appare netta l’ispirazione del gruppo alla produzione rock’n’roll americana di fine anni cinquanta e, seppure non venga mai dichiarato espressamente, forti in quel periodo sono i riferimenti del look di Peppino di Capri alla figura del rocker texano Buddy Holly, che in talune interpretazioni pare persino omaggiare nella tipica tecnica del canto a singhiozzo come ad esempio in “Don’t Play that song”.[3]
Dal 26 al 30 settembre il gruppo inciderà negli studi della Carisch dieci brani, che saranno pubblicati poco per volta in cinque 45 giri. Il 20 ottobre ’58 viene pubblicato il primo Let me cry/You’re divine dear, seguito il 9 novembre dal secondo, L’autunno non è triste/Mambo alfabetico: ma è il terzo, pubblicato il 28 novembre, Pummarola boat/Nun è peccato, che gli porta il grande successo, grazie al brano sul lato B, Nun è peccato, scritto da Silvano Birga, Ugo Calise e Carlo Alberto Rossi, che diventa un evergreen della canzone italiana. Il 6 dicembre esce il quarto Last train to San Fernando/Teach you to rock.
Il 15 dicembre esce il quinto che ripeterà il successo immediato: ‘mbraccio a mme/Malatia, anche qui grazie al retro: fin da queste prime canzoni è possibile evidenziare il riuscito tentativo di Peppino e dei suoi colleghi di rinnovare nel tessuto ritmico la sonorità della musica partenopea innestando in essa varie sonorità: dal mambo, al cha cha cha e al jazz orecchiabile. Il 16 dicembre esce il primo 33 giri del cantante che racchiude tutti i dieci brani pubblicati precedentemente che riscuoterà un ottimo successo di vendite risultando uno degli album italiani più venduti della stagione.
L’anno successivo incide per contratto molto materiale spesso rielaborando successi del Festival di Sanremo o brani già famosi di cantanti e gruppi stranieri. Nell’estate 1959 rielabora ben sette successi del Festival di Napoli di quell’anno, uno di essi Vieneme ‘nzuonno avrà molto successo nella sua incisione. Bisognerà tuttavia aspettare la fine dell’anno per ottenere un altro grandissimo successo: la sua incisione di Voce ‘e notte, classico napoletano del 1905, che scalerà immediatamente le classifiche.